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La spondilite anchilosante (SA) è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacroiliache. Altre articolazioni, come anca, spalla e ginocchia, possono essere colpite. L’infiammazione produce dolore e rigidità che di solito inizia nella parte bassa della schiena e può progredire nella parte superiore della colonna vertebrale, nel torace e nel collo. Nel tempo, il processo erosivo causato dall’infiammazione da luogo a calcificazioni e neoformazioni di osso, causando rigidità alla colonna vertebrale.
Chi è colpito dalla spondilite anchilosante?
La prevalenza dell’SA è molto variabile a seconda delle zone geografiche. Nella popolazione caucasica sembra essere di circa 0.25-1%, mentre è rara nei giapponesi e nella popolazione nera.
La malattia è più comune negli uomini che nelle donne con un’età media all’esordio di 26 anni. Non sono infrequenti casi di esordio giovanile.
La causa della SA non è ancora del tutto chiara, ma la genetica e l’ereditarietà giocano un ruolo importante.
Fattori genetici
Il gene HLA-B27 è presente in circa il 90-95% dei caucasici con SA, ma solo l’8% dei caucasici senza SA, suggerendo che questo gene svolga un ruolo importante nello sviluppo della malattia.
Fattori ambientali
Alcuni dati suggeriscono che la SA possa essere scatenata da un’infezione. Gli studi si sono concentrati su diversi batteri che possano influenzarne lo sviluppo, senza peraltro raggiungere dimostrazioni certe.
I sintomi di SA spesso assomigliano ad altre forme di artrite come l’artrite psoriasica, l’artrite associata a malattie infiammatorie intestinali (come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa) o l’artrite reattiva.
Il più precoce e tipico sintomo è un dolore di tipo infiammatorio prevalentemente in sede lombosacrale associato a rigidità mattutina, che si può irradiare posteriormente alle cosce (“cosiddetta sciatica mozza”).
All’inizio il dolore può essere unilaterale od intermittente ma nel corso dei mesi cronicizza e diventa bilaterale.
L’artrite delle anche e delle spalle rappresenta il sintomo d’esordio nelle forme giovanili.
Nelle fasi precoci della malattia possono essere presenti sintomi generali come anoressia, perdita di peso e febbricola. Spesso l’astenia domina gli altri sintomi e correla con l’attività di malattia.
L’evoluzione naturale della AS comporta l’estensione del dolore infiammatorio e della rigidità a tutta la colonna vertebrale, che va progressivamente incontro ad una alterazione delle sue curve. Il paziente accusa una limitazione sempre più accentuata della mobilità cervicale, della espansione toracica e della mobilità lombo-sacrale. Ciò non accade se la diagnosi viene fatta precocemente, consentendo una terapia tempestiva.
La manifestazione extrascheletricapiù frequente è l’uveite anteriore che colpisce il 25-30% dei pazienti e più frequentemente quelli HLAB27 positivi. Il coinvolgimento cardiovascolare è raro. Il 5-10% dei pazienti va incontro ad una fibrosi polmonare, ma il problema principale è l’insufficienza respiratoria da ridotta espansione della gabbia toracica in caso di impegno marcato della colonna dorsale.
In molti pazienti con SA sono dimostrabili lesioni infiammatorie clinicamente silenti della mucosa intestinale a livello del colon e ileo.
Per diagnosticare la SA, il medico farà affidamento sull’anamnesi, sull’esame fisico delle articolazioni e della colonna vertebrale, sui test di imaging del bacino e anche sugli esami del sangue per verificare il gene HLA-B27.
Indagini di laboratorio
Non ne esistono specifici per SA. Nel 75% dei pazienti vi è un aumento lieve-moderato degli indici di flogosi, che è però scarsamente correlato con l’attività di malattia. La tipizzazione per ricercare l’HLA-B27 è utile ma la positività non è sinonimo di malattia, così come la sua negatività non la esclude completamente.
Esami strumentali
Gli esami radiografici rappresentano la metodica diagnostica di elezione in presenza di lombalgia infiammatoria. La risonanza magnetica nucleare è in grado di valutare precocemente le lesioni infiammatorie sacro-iliache e vertebrali.
La tomografia computerizzata può valutare in modo molto sensibile l’impegno erosivo nelle articolazioni sacroiliache in caso di dubbi, mentre la risonanza magnetica nucleare è necessaria per valutare le lesioni sacroiliache e vertebrali precoci.
Per lo studio delle strutture tendinee ed articolazioni periferiche, l’ecografia rappresenta l’indagine di primo livello in grado di valutare il tipo e l’entità della flogosi.
Quando la SA è progredita, la radiologia convenzionale mette in evidenza le caratteristiche alterazioni della colonna vertebrale: modificazioni delle curve, squadratura dei corpi vertebrali, sottili ponti ossei che li legano l’uno all’altro (i cosiddetti sindesmofiti).
Il trattamento della SA dovrebbe essere impostato per ciascun paziente sulla base delle manifestazioni cliniche e sul grado dell’infiammazione presente. L’approccio si concentra sulla riduzione del dolore e della rigidità, prevenendo le deformità e consentendo il proseguimento delle normali attività.
Il trattamento ottimale prevede una combinazione tra terapia farmacologica e non, da attuarsi il più precocemente possibile.
Trattamento fisioterapico
Nelle forme lievi potrebbe essere sufficiente la pratica di regolare attività fisica, mentre nelle forme aggressive un programma di fisiokinesiterapia da eseguirsi con regolarità. Molto utile l’idrokinesiterapia, soprattutto se effettuata in piscina termale. Le deformazioni alla colonna possono essere contrastate con la rieducazione posturale globale, potenziando addominali e glutei e mantenendo con lo stretching la fisiologica lunghezza dei muscoli.
Trattamento farmacologico
I farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) sono la terapia di primo approccio e in molti casi riducono i sintomi anche se non in via definitiva. In caso di scarsa risposta al FANS, si può dare ricorso ad un DMARD tradizionale (come la sulfasalazina) se vengono colpite anche le articolazioni periferiche. Se anche questo dovesse essere insufficiente si passa ai farmaci biologici. In particolare, l’inibitore del fattore di necrosi tumorale (TNF) ha dimostrato grande efficacia sui sintomi e nel rallentare l’evoluzione del danno strutturale. Sei agenti biologici sono attualmente approvati per il trattamento di SA: infliximab, etanercept, adalimumab, certolizumab, secukinumab e golimumab.
Nei casi resistenti a FANS, anche prima di far ricorso ai farmaci biologici, possono essere talvolta utili delle iniezioni di corticosteroidi nell’articolazione (inclusa la sacroiliaca o nelle entesi), possibilmente effettuate col l’aiuto di un ecografo.