I cortisonici, detti anche glucocorticoidi (per la loro capacità di regolare il metabolismo glucidico) o corticosteroidi (perché prodotti dalla zona corticale della ghiandola surrenale) sono tra i farmaci più noti e più utilizzati in Medicina, inclusa la Reumatologia, in cui vengono impiegati per i loro effetti anti-infiammatori ed immunosoppressivi. Il termine steroidi fa riferimento ad una serie di sostanze con formula chimica simile anche se possono avere attività biologica molto diversa (ad es., oltre al cortisone, il colesterolo, alcuni ormoni, acidi biliari e precursori di alcune vitamine).
E’ bene chiarire che il nostro organismo produce abitualmente sostanze di questo tipo (steroidi endogeni) a livello delle ghiandole surrenali (surrene) e che vengono distinte in mineralcorticoidi e glucorticoidi (che sono i cortisonici o corticosteroidi propriamente detti). I mineralcorticoidi sono così definiti perché entrano nel metabolismo minerale: il più noto è l’aldosterone.
I glucorticoidi endogeni (cortisolo ed idrocortisone), sintetizzati dalla corticale del surrene a partire dal colesterolo, regolano un centinaio di geni coinvolti nello sviluppo, metabolismo, mantenimento di omeostasi, infiammazione e processi cognitivi, agendo come fattori di trascrizione, e regolano il metabolismo glucidico, proteico, lipidico e idrominerale.
Il Cortisolo è il più noto tra i glucocorticoidi endogeni ed è conosciuto soprattutto per la sua azione nello stress in risposta al quale provoca la formazione e l’aumento di alcune sostanze che ci posso proteggere in caso di eventi o lesioni stressanti (ad esempio aumentando la glicemia che a livello celebrale ci consente più attenzione). A questa importantissima funzione contro lo stress acuto contribuisce anche l’adrenalina che viene prodotta dalla parte midollare del surrene e dalle sinapsi del sistema nervoso centrale. Queste due sostanze preparano l’organismo alla reazione che caratterizza lo stress acuto (lotta e/o fuga: fight or flight). Questo meccanismo è stato spiegato in maniera elementare da un grande fisiologo americano, Walter Cannon, nel 1920 con un esempio ormai classico: le sostanze liberate durante lo stress acuto (principalmente il cortisolo) sono quelle che consentono al leone di inseguire la gazzella (fight) e a questa di sfuggire al leone fuggendo (flight).
I glucorticoidi assunti per via esogena a scopo terapeutico (il farmaco cortisone), oltre ad essere potenti anti-infiammatori ed immunosoppressivi, esercitano effetti su metabolismo, sistema cardiovascolare, sistema nervoso centrale, con azioni molto importanti e significative.
Il cortisone (ormai tutti lo chiamiamo comunemente così) è senza alcun dubbio uno dei farmaci più importanti nella storia della medicina ed è sicuramente tra quelli che hanno più contribuito a salvare vite umane e/o a migliorarne l’esistenza. E’ utile ricordare che il cortisone è un ormone che viene usato come farmaco. Ma, come molti altri farmaci, può avere alcuni effetti indesiderati che è spesso possibile evitare o limitare con la conoscenza ed il buon senso.
Il cortisone fu isolato dai ricercatori Tadeusz Reichestein in Svizzera e Edward Calvin Kendall, chimico, negli USA. L’applicazione clinica spetta a Philip Showalter Hench, reumatologo. I primi stavano studiando gli effetti delle sostanze prodotte dalla ghiandola surrenale, mentre Hench, un grande clinico interessato alle malattie reumatologiche, si era accorto che alcune condizioni particolari (ad esempio la gravidanza, l’ittero) riducevano l’attività dell’artrite reumatoide. Fu così che, appena fu disponibile il cortisone, la prima persona al mondo a riceverlo fu una paziente con artrite reumatoide, miss Gardner, ricoverata alla Mayo Clinic di Rochester. Gli effetti furono spettacolari e in tutto il mondo girò sui giornali l’immagine di questa paziente, prima immobilizzata a letto che, dopo pochi giorni di cura, girava tranquillamente in bicicletta. Lo scalpore per questa scoperta fu tale che la stessa commissione del Nobel decise di premiare in tempi inusualmente rapidi questi ricercatori, conferendo loro il premio nel 1950.
I corticosteroidi, che siano sintetici o naturali, agiscono su alcune postazioni (recettori) presenti sia sulla superficie cellulare che all’interno delle cellule, nel citoplasma. Il passaggio del cortisone attraverso la membrana cellulare è facilitato dalla sua liposolubilità, per cui avviene agevolmente, passivamente.
Una volta all’interno della cellula, il cortisone si lega ad un recettore che è già presente ed assieme formano un complesso che viene trasportato nel nucleo della cellula dove è riconosciuto ed inizia la trascrizione con cui il cortisone stimola (on) o inibisce (off) la produzione di alcune proteine, che poi esercitano, una volta fuori dalle cellule, la gran parte degli effetti che conosciamo. Va comunque specificato che oltre a quest’azione a livello del nucleo (genica), il cortisone ne ha un’altra a livello dei recettori situati sulla superficie della cellula, senza penetrare nel nucleo. Il significato di questa distinzione è che si pensa che il cortisone abbia un’azione più rapida agendo sulla superficie della cellula ed una più profonda e ritardata che coinvolge il nucleo.
Questi meccanismi sono alla base degli effetti principali per cui il cortisone viene adoperato in Reumatologia, ovvero gli effetti anti-infiammatori (a basse dosi) ed immunosoppressori (ad alte dosi).
Molto importante nell’utilizzo del cortisone è ricordare il ritmo circadiano della produzione endogena di cortisolo (che si pensa essere all’incirca 10 mg).
Normalmente sotto lo stimolo dell’ACTH, un ormone prodotto dall’ipofisi (ghiandola endocrina situata alla base del cranio, che controlla attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l’attività endocrina e metabolica di tutto l’organismo) le ghiandole surrenali producono cortisolo con un picco nelle prime ore del mattino che va calando nel pomeriggio-sera. Questo è il motivo per cui, quando assumiamo cortisone (sintetico) dall’esterno (esogeno) a scopo terapeutico, ci viene raccomandato di prenderlo al mattino, per seguire quanto avviene fisiologicamente e non alterare il ritmo abituale di dismissione ormonale. Osservare questa regolazione è estremamente importante per ridurre gli effetti indesiderati, specialmente a lungo termine.
La regolazione endogena del cortisone avviene in questo modo. La produzione di ACTH (da parte dell’ipofisi) è regolata a sua volta dall’ipotalamo (una struttura del sistema nervoso centrale situata nella zona centrale dei due emisferi cerebrali e che controlla molte attività, tra cui quella dell’ipofisi, in base agli stimoli che riceve, per mantenere in equilibrio le funzioni dell’organismo, la cosiddetta omeostasi) attraverso il CRH (corticotropin relasing hormone). Questa produzione viene inibita quando nel sangue è presente cortisone sia endogeno (cortisolo) che esogeno (farmaci corticosteroidei). A lungo termine, la mancata produzione di CRH e quindi ACTH non stimola più le ghiandole surrenali che possono impigrirsi o, addirittura, atrofizzarsi e non essere più in grado di reagire in caso di stress. Ricordiamo che il picco di produzione del cortisolo da parte delle ghiandole surrenali è al mattino, per poi scemare nel pomeriggio. Per cui, fino a quando esso è presente nel sangue, le ghiandole surrenali non vengono sollecitate a produrlo. Ma, appena scompare, ecco che esse riprendono a funzionare. Se diamo un cortisonico esogeno (farmaco) anche questo, fin quando è presente nel sangue, continua ad inibire la produzione da parte del surrene.
Ecco per cui in Reumatologia facciamo assumere il cortisone al mattino e preferiamo prescrivere cortisonici che restano nel sangue poche ore (a breve emivita), in modo da permettere alle nostre ghiandole surrenali di riattivarsi ricevendo gli stessi stimoli a cui sono abituate fisiologicamente. Un’altra modalità è quella di dare il cortisone a giorni alterni, ma con rischio di perdere l’efficacia sulla malattia.
Comunque, in alcune patologie (soprattutto non reumatologiche, come l’asma) è necessario che la copertura cortisonica persista per tutta la giornata, per cui si assumono cortisonici a lunga emivita.
La necessità di avere le ghiandole surrenali prontamente funzionanti ha rapporti con le reazioni fisiologiche ad alcuni eventi molto pericolosi per il nostro organismo, mediati dallo stress acuto, come eventi chirurgici, incidenti, shock, ecc, per cui non disponiamo adeguatamente delle nostre capacità di difesa naturali.
Ovviamente i medici, in particolare i Reumatologi, conoscono molto bene queste cose e sanno trarre dal cortisone le capacità terapeutiche uniche, diciamo pure eccezionali, ma utilizzandolo nel modo giusto, per ridurre al minimo gli effetti indesiderati.
I principali utilizzi degli steroidi sono i seguenti:
Terapia sostitutiva: insufficienza surrenalica acuta, insufficienza surrenalica cronica
Terapia di malattie infiammatorie/autoimmuni: malattie reumatologiche, malattie pneumologiche, malattie gastroenterologiche, malattie renali, malattie cutanee, reazioni allergiche, trapianti d’organo.
Terapia di neoplasie: linfomi, leucemia, ed altre.
Ci sono indicazioni all’uso di alte dosi di cortisone nelle seguenti situazioni: asma grave, insufficienza surrenalica acuta, trapianto d’organo, shock anafilattico, edema cerebrale, traumi spinali, malattie reumatologiche sistemiche (lupus eritematoso sistemico, polimiosite, vasculiti, ecc), in fase acuta.
Il cortisone in Reumatologia può essere utile in moltissime condizioni, alcune delle quali più comuni, altre meno, addirittura rare.
Il cortisone in Reumatologia può essere assunto per diverse vie: orale, intra-muscolare, per flebo, intra-articolare e cutanea.
La forma più comune è quella orale e, come già detto prima, si preferiscono cortisonici a breve emivita: prednisone (Deltacortene) o metil-prednisolone (Medrol o Urbason). Va specificato che l’emivita plasmatica (presenza nel sangue del farmaco, quella che influenza l’ipotalamo) si differenzia dall’emivita biologica (durata degli effetti). Nel caso dei farmaci succitati, l’emivita plasmatica è di 3-5 ore, quella biologica di 18-36 ore. Quando dobbiamo usare cortisonici per flebo, spesso ad alte dosi, possiamo adoperare altri tipi, che agiscono più rapidamente. Per la via infiltrativa (nelle borse o nelle articolazioni), adoperiamo dei cortisonici ritardo, ovvero che vengono ceduti lentamente, in modo da agire più a lungo e ridurre il passaggio nel circolo sanguigno.
Nelle artriti (artrite reumatoide o artrite psoriasica) sono prescritti quando la malattia è mal controllata dai FANS o dai “farmaci di fondo “ (DMARDS). Si possono usare vari dosaggi, generalmente medio-bassi. Numerosi studi hanno dimostrato che gli steroidi hanno effetto non solo antinfiammatorio (e quindi sintomatico), ma sono in grado di ridurre la progressione radiologica di malattia. Comunque, per uso cronico, sono da privilegiare dosaggi bassi o medi, l’assunzione per brevi periodi o a cicli, nelle fasi di riaccensione di malattia.
Nelle malattie reumatiche sistemiche o vasculiti, i cortisonici sono un presidio fondamentale e possono essere necessarie alte dosi per spegnere la malattia nei momenti di crisi e basse dosi per il mantenimento. Una malattia esemplare e abbastanza frequente negli anziani è la Polimialgia Reumatica, nella quale dosi adeguate di cortisone possono portare allo spegnimento rapido dell’infiammazione, ma devono essere mantenute per uno-due anni, riducendole un po’ alla volta, molto lentamente e seguendo la risposta infiammatoria a livello del sangue. Se i pazienti osservano fedelmente quanto prescritto dal Reumatologo curante, possono anche guarire, un verbo che in Reumatologia è possibile pronunciare solo poche volte.
I Reumatologi sono molto esperti in queste strategie terapeutiche, che comunque sono in gran parte stabilite e regolate da linee guida internazionali.
In alcune forme di artrite in cui una-due articolazioni non rispondono al trattamento per via orale, si possono adoperare le forme intra-articolari, utili anche nell’artrosi con versamento.
Si possono eseguire anche infiltrazioni locali nelle patologie dei tendini o delle borse, per le quali si adopera spesso la guida ecografica, allo scopo di essere più precisi.
Va ricordato che si tratta di farmaci che esistono da molto tempo e che sono ampiamente noti e molto adoperati, per cui ormai conosciamo quasi tutto di loro e praticamente non esiste categoria di medici che ne ignori gli effetti principali, sia desiderati che indesiderati. Per cui, la loro somministrazione avviene generalmente a ragion veduta, tenendo sempre presente il rapporto rischio (effetti indesiderati)-beneficio (efficacia).
Molti effetti indesiderati dipendono dalla dose e dalla durata di trattamento, per cui in Reumatologia l’obbiettivo principale è quello di dare la dose minima efficace per il più breve tempo possibile. Per molti degli effetti indesiderati più frequenti esistono delle contromisure (che noi metteremo tra parentesi). Essi sono: fragilità cutanea, con ematomi e facili escoriazioni, soprattutto negli anziani che hanno già per conto proprio la cute più assottigliata (é poco grave, ha un significato soprattutto estetico; l’uso di creme può essere d’aiuto); osteoporosi, effetto indesiderato che i medici conoscono molto bene, per cui dispongono delle misure necessarie per evitarli (ad es. attività fisica e farmaci appropriati di c’è ampia disponibilità); tuttavia va anche ricordato che se il paziente non si muove a causa dell’artrite, la sua osteoporosi (da inattività) può essere peggiore di quella provocata dal cortisone; ma, prima di fare mille deduzioni inutili e superficiali, è bene effettuare periodicamente una densitometria ossea ed un dosaggio di vit.D, calcio e fosforo; diabete, in quanto nei soggetti predisposti può aumentare la glicemia (ricordiamo che questi farmaci si chiamano anche glucocorticoidi) che per questo va controllata periodicamente (conoscendo questo eventuale rischio, dobbiamo ridurre l’assunzione di zuccheri e, soprattutto, camminare molto: l’attività fisica consuma glucosio e stimola la produzione di insulina; nei soggetti insulino-dipendenti bisogna cercare di dare al paziente dosi costanti di cortisone, in modo che i pazienti possano regolare la quantità di insulina da assumere); ipertensione: si può fare lo stesso discorso che per il diabete; vi sono soggetti in cui la pressione arteriosa non viene assolutamente modificata, mentre in altri può aumentare; per cui è bene controllarsela periodicamente (anche in questo caso misure di prevenzione efficaci sono attività fisica più possibile, soprattutto la marcia, e riduzione dell’apporto di sale); aumento di peso: che è solo in parte dovuto all’azione diretta del cortisone sull’accumulo di grasso o sulla ritenzione idrica, anche in questo caso dipendente dalle predisposizione individuale (come detto anche per alcune situazioni precedenti, si può prevenire con una dieta più controllata e con il movimento); altri possibili effetti possono essere quelli oculari, per cui noi generalmente richiediamo ai nostri pazienti di fare una visita Oculistica annualmente; essendo l’occhio un organo bersaglio spesso associato alle malattie reumatologiche, la visita Oculistica viene richiesta spesso, anche indipendentemente dall’assunzione di cortisone. Un’altra domanda che ci fanno spesso i pazienti è quella sulla possibile gastrolesività; noi li rassicuriamo dicendo che a dosi medio-basse si tratta di un farmaco sicuro per lo stomaco; tuttavia, se contemporaneamente si assume un FANS, allora è preferibile associare un gastroprotettore. Come per altri farmaci, esistono alcuni effetti rari o inconsueti, di cui bisogna parlare con il proprio medico curante o con il Reumatologo curante.