Andrea Gritti, militare di grande rilievo durante la crisi scatenata dalla Lega di Cambrai nonché co-organizzatore della terraferma veneziana a partire del 1516. Eletto doge il 20 maggio 1523, la vita che svolgerà a Palazzo Ducale fu ben diversa di quella vissuta nei campi di battaglia. Le testimonianze riferiti ai suoi eccessi e disordini alimentari, ben conosciuti grazie a Nicolò Barbarigo, potrebbero averi causato la podagra che gli aveva provocato una grave deformità ai piedi. La sua forma fisica si deteriorò progressivamente trovando un punto di svolta nella caduta accidentale in cui occorse nel marzo del 1530. Ancora non rimessosi dall’incidente, il 24 aprile dello stesso anno Gritti si rifiutava di salire sul pergolo della Basilica di San Marco, posto riservato alla carica ducale (chiamato anche “bigonzo”), poiché aveva «male a le gambe». Certamente fu la mobilità ridotta del Gritti che innescò la ridistribuzione del coro della basilica marciana. Coordinata da Jacopo Sansovino, l’operazione mirava ad ubicare il doge a destra del coro, di fronte all’altare maggiore, nel posto che normalmente era occupato dal Primicerio, capo ecclesiastico della basilica. L’intervento, destinato rendere più accessibile la zona religiosa, evitando gli spazi ristretti e i gradini del pergolo, produsse dei cambiamenti nei cerimoniali già studiate da Andrew Hopkins. Ad ogni modo, i disturbi del doge continuarono costringendolo ad assentarsi delle sedute del Collegio per «non si sentir di le gambe», chiedendo persino di recarsi alla sua residenza nell’isola di Murano. Una mobilità limitata e una dieta squilibrata produssero un ulteriore ingrassamento del doge che, l’8 maggio 1532, non andò sul pergolo «per esser grasso» preferendo restare nel coro. Un mese dopo, il doge dovette compiere in barca il tragitto fino alla chiesa di San Vito, ove doveva ascoltare la messa, «per non poter caminar». Nonostante la gotta, Gritti resistette fino a 83 anni, morendo il 28 dicembre 1538, si dice, dopo un banchetto smisurato.
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