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Malattia di Takayasu

Che cos’è l’arterite di Takayasu

L’arterite di Takayasu è una vasculite dell’aorta e dei grandi vasi che originano da questa ed è caratterizzata da una infiammazione della parete del vaso che può determinare la comparsa nel tempo di stenosi delle arterie coinvolte o la formazione di dilatazioni (aneurismi) infiammatori che possono  evolvere in una rottura improvvisa.

E’ una malattia tipica dei giovani o degli adulti al di sotto dei 50 anni ed è più frequente  nel sesso femminile. E stata osservata un diverso impegno dei vasi nei due sessi, più frequentemente dell’aorta toracica nel sesso femminile mentre nei maschi i tratti più colpiti sono l’aorta addominale e i vasi che originano da questa (a renali,. tripode celiaco ..)

La storia naturale della malattia può essere distinta in due fasi: il processo infiammatorio acuto che clinicamente si caratterizza per disturbi aspecifici come febbre, sudorazione notturna, stanchezza, dolori articolari dolore toracico o al collo, eritema nodoso, arrossamento oculare con infiammazione dell’iride o della sclera dell’occhio e la fase dell’occlusione vasale con la comparsa di sintomi diversi a seconda del distretto vascolare colpito che sono generalmente conseguenti al ridotto afflusso di sangue ad uno o più organi.

Cause

La causa della malattia è tuttora sconosciuta ma numerosi studi hanno dimostrato una predisposizione genetica con la partecipazione di fattori ambientali o infettivi che scatenano l’avvio di una risposta immunitaria che determina l’infiammazione della parete dei vasi.

Sintomi

All’esordio della malattia i disturbi possono essere aspecifici  come malessere generale, stanchezza eccessiva, dolori articolari, al collo e al torace, febbre, sudorazioni notturne, eritema nodoso, arrossamento oculare con infiammazione dell’iride o della sclera dell’occhio.. Quando compaiono le stenosi dei vasi  la maggior parte dei pazienti si presenta con una riduzione della pulsatilità dei polsi periferici o la loro completa assenza. (la malattia è conosciuta anche come la malattia senza polsi). La ridotta vascolarizzazione secondaria alla stenosi vasale determina cefalea, dolori muscolari alla braccia e alle gambe durante l’attività lavorativa degli arti superiori o durante la deambulazione agli arti inferiori, ma anche ipertensione arteriosa per stenosi delle arterie renali, dolore addominale dopo l’assunzione di cibo (claudicatio addominale) per la riduzione del calibro dei vasi addominali, una diversa pressione arteriosa  tra gli arti.  In una percentuale di pazienti può verificarsi una insufficiente funzione delle valvole cardiache o un restringimento dei vasi coronarici con conseguente sofferenza del cuore.

Diagnosi

La diagnosi nella fase iniziale è difficile a causa dell’aspecificità della sintomatologia. Gli esami del sangue dimostrano un processo infiammatorio (ma in una discreta percentuale di pazienti possono essere anche normali) . Alla visita una diversa pressione arteriosa  tra gli arti, soffi soffi causati dalla stenosi dei vasi o  una ipertensione arteriosa in giovane età senza fattori di rischio deve porre il sospetto dell’arterite di Takayasu.

La  RMN, l’angio TAC o l’angio RMN permettono un accurato studio della parete vasale. Anche l’ecografia dei vasi del collo, degli arti e addominali è utilizzata per evidenziare la presenza di stenosi vasali. Molto promettente è la tomografia a emissione di positroni con 18 fluorodesossiglucosio marcato (PET-FDG) che permette sia la diagnosi che la valutazione dell’attività di malattia.

Trattamento

La malattia è spesso caratterizzata da un’alternanza di fasi di remissione e riacutizzazioni e può progredire nonostante il raggiungimento di un apparente remissione bioumorale.  . L’andamento cronico richiede una prolungata terapia che consiste nella somministrazione di cortisone ad alto dosaggio e nei pazienti nei quali la malattia peggiora nonostante la terapia o che richiedono dosaggi di cortisone troppo elevati per mantenere in remissione la malattia (tra il 46 e l’84% dei pazienti), l’aggiunta di una terapia immunosoppressiva.

I farmaci più utilizzati sono il methotrexate e l’azatioprina ma più recentemente anche farmaci biologici come gli inibitori del TNF alfa e dell’interleukina 6  . Il 90% dei pazienti ha una risposta positiva alla terapia e oltre il 50% di essi può sospendere il cortisone. Il monitoraggio con la PET- FDG-TAC o RMN permette di evidenziare precocemente le eventuali riacutizzazioni. La mortalità è bassa (sopravvivenza a 5 anni del 90-96%).

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