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La morfea è la forma di sclerodermia localizzata alla cute (sclerodermia circoscritta). Nella sua presentazione più comune si manifesta con lesioni cutanee indurative a chiazze, singole o plurime, talora confluenti, localizzate in qualsiasi area della superficie corporea. Più rara è la morfea lineare, caratterizzata da strisce di cute indurita agli arti, al tronco o al volto. Nella forma generalizzata chiazze plurime di morfea colpiscono zone cutanee estese e nella loro evoluzione sclerotica possono causare atrofia dei tessuti sottostanti la cute, con quadri clinici molto invalidanti (“pansclerotic morfea”).
La morfea nelle sue varie forme è globalmente una malattia rara. Le lesioni sono prettamente cutanee e non vi è coinvolgimento degli organi interni. Va quindi sottolineato che è una patologia che non ha nulla a che vedere con la sclerosi sistemica, forma di connettivite ad andamento spesso severo proprio a causa degli impegni viscerali.
Chi è colpito dalla morfea
La rarità della morfea è confermata dai dati epidemiologici sulla sua incidenza: in letteratura sono riportati da 4 a 27 nuovi casi all’anno ogni milione di abitanti (alcune decine nella Regione Veneto). E’ più colpito il sesso femminile, con un rapporto variabile da 3:1 a 5:1 nelle principali casistiche. La morfea ha due picchi di insorgenza, uno in età pediatrica fra 7 e 11 anni e uno in età adulta, nella quarta decade di vita.
Le cause che portano alla fibrosi cutanea e sottocutanea caratteristica della morfea rimangono a tutt’oggi sconosciute. Si ritiene che una predisposizione genetica all’ autoimmunità possa avere un ruolo nell’insorgenza della malattia, vista la associazione con alcuni fenotipi del sistema HLA e la frequente presenza di anticorpi antinucleo; tuttavia non è stato ancora chiarito quale sia il movente della sregolata funzione dei fibroblasti, che porta alla eccessiva sintesi e deposizione di collagene nel tessuto cutaneo.
Come elementi scatenanti sono stati invocati stimoli meccanici ripetuti (frizione o pressione), la radioterapia praticata per curare alcune neoplasie, fattori ambientali quali l’infezione da Borrelia Burgdorferi, ma gli studi sull’argomento non hanno dato risultati univoci e conclusivi.
La chiazza di morfea si presenta come una lesione cutanea infiammatoria eritematosa, che successivamente al centro si indurisce, formando la placca sclerotica di colorito biancastro. Nella maggior parte dei pazienti con il tempo l’infiammazione si spegne e residua solo una zona di cute sclerotica con alterata pigmentazione. L’estensione delle lesioni è diversa a seconda della forma clinica.
In quella più comune, denominata “morfea a placche”, le lesioni singole o plurime sono di solito localizzate alla cute del tronco. Questa forma è la più frequente quando la malattia insorge in età adulta.
La morfea lineare è costituita da una banda di cute sclerotica, usualmente localizzata ad un arto superiore o inferiore, che determina anche ipotrofia della muscolatura sottostante: ne deriva che la zona di arto colpita appare di dimensioni inferiori rispetto a quello controlaterale. Le forme di sclerodermia lineare sono tipiche dell’età pediatrica e questi bambini possono presentare anche artrite e altre manifestazioni muscolo-scheletriche. Quando la lesione cutanea si localizza al volto può determinare una deformità a colpo di sciabola (“en coup de sabre”), con ipotrofia muscolare ed alterato sviluppo delle ossa sottostanti: ne derivano disturbi oculari, odontostomatologici e in alcuni casi anche neurologici (cefalea, disturbi comportamentali).
La morfea generalizzata è caratterizzata da vaste aree di cute sclerotica, localizzate in più zone della superficie corporea, spesso confluenti. Di solito vengono risparmiate solo le mani, i piedi e il volto. Quando le lesioni sono molto estese e la fibrosi cutanea provoca una marcata ipotrofia dei tessuti sottostanti si parla di “pansclerotic morfea”: in questi casi il paziente accusa anche dolore da compressione dei tronchi nervosi e difficoltà ai movimenti degli arti.
Nelle diverse forme di morfea il fenomeno di Raynaud è assente e il paziente non riferisce disturbi riconducibili ad impegni viscerali.
La diagnosi di morfea è prettamente clinica e viene usualmente formulata da uno Specialista Pediatra o Dermatologo. Le lesioni cutanee sono molto caratteristiche e la loro biopsia non è indispensabile ai fini diagnostici, anche se in molti casi viene prescritta. La loro evoluzione va valutata mediante visite ambulatoriali frequenti e può essere monitorata anche con metodiche strumentali quali l’ecografia, la termografia a raggi infrarossi e la durometria; l’ipotrofia muscolare (sarcopenia) può essere quantificata dalla risonanza magnetica.
Per quanto concerne gli esami di laboratorio, nella morfea gli indici di flogosi sono nella norma. Il 30–40% dei pazienti presenta la positività degli anticorpi antinucleo (ANA), senza anticorpi specifici, a differenza di quanto accade nella sclerosi sistemica. Il Reumatologo viene spesso coinvolto proprio per una definizione diagnostica rispetto a questa connettivite, ma il quadro clinico e il suo decorso sono del tutto differenti: la morfea, anche se estesa, rimane una patologia localizzata alla cute e non determina un coinvolgimento degli organi interni.
La morfea può invece porsi in diagnosi differenziale con la fascite eosinofila, patologia caratterizzata da lesioni infiammatorie più profonde rispetto alla cute e da un notevole incremento dei granulociti eosinofili sia in circolo sia negli infiltrati cellulari che interessano la fascia muscolare.
La terapia della morfea dipende dalla presentazione clinica della malattia. Nelle forme lievi, tipicamente la morfea a placche sia dei bambini che degli adulti, è sufficiente il trattamento topico. Nella forma lineare che insorge in età pediatrica e nelle forme di morfea generalizzata è necessaria la terapia farmacologica sistemica.
Come trattamento topico vengono utilizzati innanzitutto unguenti a base di cortisone; qualora non siano sufficienti a spegnere le lesioni cutanee e a fermarne l’estensione, si applicano altri preparati che agiscono per via transcutanea: calcipotriolo, tacrolimus, imiquimod. Nella morfea a placche dell’adulto è anche indicata la fototerapia, che utilizza varie modalità di applicazione dei raggi ultravioletti.
La terapia sistemica prevede la somministrazione di cicli protratti di cortisone per os (2 – 3 mesi) o in alternativa di boli di cortisone ev. Qualora tale trattamento non riesca a spegnere l’attività della malattia, bloccando la progressione delle lesioni cutanee, vi è indicazione alla terapia immunosoppressiva con il methotrexato; il farmaco può essere prescritto anche in età infantile nella forma di morfea lineare, che può provocare deformità muscolo-scheletriche severe nella zona di insorgenza. L’associazione methotrexato–cortisone è la terapia di prima scelta nella morfea generalizzata: scopo del trattamento è frenare l’estensione delle lesioni cutanee e prevenire l’evoluzione verso i quadri molto invalidanti di “pansclerotic morfea”. In alternativa al methotrexato può essere utilizzato come immunosoppressore il micofenolato.
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