Artrosi della mano

Che cos’è l’artrosi della mano

L’artrosi o osteoartrosi (OA) è molto frequente nella popolazione. Essa colpisce le diverse articolazioni delle mani, anche se con quadri clinici che possono essere molto differenti tra di loro, sia per sintomi che per gravità. Prima di continuare ricordiamo brevemente l’anatomia della mano (figura 1):

l’articolazione che si trova più distante, tra falangetta e falange, si chiama interfalangea (IF) distale (IFD); quella tra le due falangi: IF prossimale (IFP); quella tra la falange e l’articolazione sottostante (che è la parte più sporgente del pugno quando chiudiamo la mano), metacarpo-falangea (MCF); importante per l’artrosi della mano è anche l’articolazione della base del pollice: trapezio-metacarpale, che è spesso colpita e certe volte in modo molto doloroso.

Cause

La varietà più frequente di OA delle mani viene abitualmente classificata come primaria in quanto non sembra dipendere da alcuna causa apparente, anche se c’è sempre più evidenza di una predisposizione genetica o familiarità, soprattutto nel sesso femminile, per l’OA delle mani che colpisce le articolazioni IFD. L’OA delle mani non è dipendente dal carico come altri tipi di artrosi, ad esempio quella del ginocchio e dell’anca. Tuttavia, seppure in una minoranza di casi, anche per l’OA della mano sono talvolta riconoscibili alcuni fattori di rischio. Ad esempio, per ciò che concerne l’OA delle IFD, alcuni studi hanno dimostrato che sono più frequenti in alcune categorie lavorative in cui queste articolazioni sono più frequentemente sollecitate, ad esempio cuoche di cucine popolari, contadine, ma anche sportivi, ad esempio judoisti. L’OA della base del pollice, trapezio-metacarpale, detta anche rizoartrosi, si ritrova invece più frequentemente nelle persone che hanno un’iperlassità ligamentosa (ovvero movimenti articolari più ampi rispetto al normale).

Sintomi

L’aspetto più classico è rappresentato dalla formazione di tumefazioni dure sulla superficie dorsale delle articolazioni IFD, chiamate noduli di Heberden. Si tratta di alterazioni estremamente frequenti nella popolazione, con particolare preferenza per il sesso femminile, soprattutto dopo la menopausa. All’esordio interessano soprattutto la II e la III IFD e spesso si manifestano con dolore e dolorabilità (che significa dolore alla pressione) di grado moderato e con lieve arrossamento. Un dato abbastanza curioso è che, a differenza dell’artrite, l’impegno articolare riguarda di solito un dito alla volta (monodigitale), anche se poi i danni rimangono poi nel tempo a carico di più articolazioni. Nel giro di 6 mesi-un anno i sintomi in genere regrediscono, lasciando solo le deformità, per cui i pazienti sono spesso preoccupati più per ragioni estetiche che non funzionali. Sempre dal lato dorsale si possono rilevare all’inizio piccole cisti gelatinose indolori che contengono un liquido molto viscoso, formato da acido ialuronico.

L’interessamento delle articolazioni IFP è meno frequente. Le tumefazioni, definite noduli di Bouchard, interessano la parte dorsale delle articolazioni e hanno una consistenza più molle rispetto ai noduli di Heberden. Colpiscono soprattutto il II e il III dito e hanno in genere la stessa espressione sintomatologica dei noduli delle IFD.

Classicamente più impegnativa delle precedenti può risultare l’OA trapezio-metacarpale (o rizoartrosi del pollice). Essa colpisce soprattutto le donne dopo i 50 anni. Insorge progressivamente e per molto tempo può non provocare alcun dolore ma, specialmente nelle persone che si servono con insistenza dei movimenti di opposizione del pollice (ad es.chi usa molto le forbici o le cesoie), il dolore quando compare può essere vivace ed invalidante. In questa sede la mano si deforma assumendo la forma di “mano quadrata”. Si tratta della forma più invalidante di OA della mano, benché la sua entità non raggiunga i livelli delle artriti.

L’OA erosiva delle mani costituisce una variante poco frequente dell’OA ed è caratterizzata da erosioni a livello delle IFD, delle IFP e delle trapezio-metacarpali che si aggiungono alle classiche lesioni già descritte. È più attiva dal punto di vista infiammatorio locale, per cui può causare dolore più intenso e costante ma, soprattutto, colpisce più articolazioni contemporaneamente e può persistere per anni, come una vera e propria artrite. Anche i danni che ne derivano possono essere notevoli e quando colpiscono le IFP, evolvere verso l’anchilosi.

Diagnosi

La diagnosi è agevole, tanto dal punto di vista clinico che radiologico. L’obiettività, soprattutto per le classiche localizzazioni alle IFD e l’assenza di tumefazioni con caratteri infiammatori (come nell’artrite), è molto evocatrice. In caso di OA erosiva qualche dubbio può sorgere nei confronti dell’artrite psoriasica che può interessare anch’essa le IFD. In tal caso è utile rilevare la concomitanza della dermatite e dell’onicopatia, che in genere si associa all’interessamento delle IFD. Occorre peraltro tener presente che talora la psoriasi insorge dopo l’artrite. Nei confronti dell’artrite reumatoide qualche dubbio può sussistere se sono interessate le IFP, con i noduli di Bouchard. Nell’artrite reumatoide si trovano erosioni associate a osteoporosi periarticolare, in genere assente nell’OA. Per la diagnosi differenziale nei confronti delle artriti in genere, il laboratorio può essere utile escludendo alterazioni degli indici di infiammazione o disordini immunologici, in genere assenti nell’OA.

Trattamento

Anche per l’OA delle mani si applica lo schema generale di terapia dell’artrosi. Per quanto concerne il dolore, che nella maggior parte dei casi è presente solo nelle prime fasi della malattia, si può far ricorso innanzitutto agli analgesici semplici come il paracetamolo (fino a 3 gr/die) oppure, in caso di scarsa risposta, ai FANS, farmaci che hanno il vantaggio di controllare anche le reazioni infiammatorie. Tuttavia, va tenuto conto delle frequenti controindicazioni che questi hanno, soprattutto nei pazienti anziani, con spesso associate comorbidità. Nelle forme in cui i farmaci precedenti sono inefficaci o controindicati, si può far ricorso agli analgesici oppioidi, anche questi con debita cautela nei pazienti anziani. Per le forme che tendono a recidivare più frequentemente, alla terapia farmacologica si possono associare le terapie fisiche (termoterapia) e, nell’OA trapezio-metacarpale, tutori di contenzione e ginnastica. Purtroppo però, nessuno di questi trattamenti sembra capace di rallentare la tendenza alle deformazioni.

Se vogliamo cercare di interferire sull’evoluzione della malattia, si possono associare i farmaci condroprotettori (termine che vuol dire proteggenti la cartilagine), la maggior parte dei quali sono a base di acido ialuronico, glucosamina e condroitin solfato, alcune volte combinati tra di loro. Queste sostanze alcune volte vengono vendute come integratori, ma bisogna stare attenti ad assumere le dosi appropriate, cosa che in genere è disponibile con prodotti venduti in farmacia.  Si ritiene che questi farmaci siano tanto più efficaci quanto più precocemente e a lungo somministrati. In genere la risposta sui sintomi richiede più tempo rispetto agli antiinfiammatori (almeno una-due settimane) e vengono continuati per cicli di 2-3 mesi se hanno dimostrato di essere efficaci nella riduzione dei sintomi. Va precisato che la risposta è spesso individuale; ma, in assenza di alternative valide, si tratta di un tentativo conveniente in quanto queste sostanze non danno effetti indesiderati di rilievo. La terapia infiltrativa locale (con acido ialuronico o cortisone) è indicata in casi particolarmente resistenti e sintomatici di OA, soprattutto trapezio-metacarpale. In caso di fallimento delle altre misure, può essere indicata la terapia chirurgica.


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