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Le spondiloartriti (SpA) sono un gruppo di malattie caratterizzate dalla presenza di infiammazione a carico delle articolazioni e di alcune strutture coinvolte nel movimento articolare, quali le entesi. Il coinvolgimento delle entesi nelle SpA è così caratteristico che la Società Italiana di Reumatologia (SIR), nella sua recente Classificazione delle Malattie Reumatologiche, definisce tale gruppo di malattie Spondilo-enteso-artriti.
Dal punto di vista articolare, queste malattie possono colpire sia le articolazioni periferiche (artrite periferica) che quelle della colonna vertebrale (artrite assiale), da cui deriva il termine spondilite (infiammazione della colonna). Abbastanza caratteristico, tanto da diventare distintivo dal punto di vista diagnostico è l’impegno delle articolazioni sacro-iliache (che sono localizzate nel bacino, praticamente a livello delle natiche).
Accanto alle manifestazioni articolari, le SpA possono essere associate a patologie extra-articolari quali la psoriasi (una dermatite cronica), l’uveite (un’infiammazione a carico di alcune strutture dell’occhio), o le malattie infiammatorie croniche intestinali, quali il morbo di Crohn o la rettocolite ulcerosa.
Classificazione
Il termine spondiloartrite (SpA) venne introdotto nel 1976 da due autori inglesi di Leeds, Verna Wright e John Moll, per definire un gruppo di malattie caratterizzate dal prevalente interessamento anatomico della colonna vertebrale (dal greco Spóndylos: ‘vertebra’) e dall’assenza del fattore reumatoide nel siero dei pazienti (per distinguerle dall’artrite reumatoide) per cui venne associato il termine sieronegative. Da allora essa è rimasta sostanzialmente la stessa e comprende la Spondilite Anchilosante, l’Artrite Psoriasica, le Artriti reattive, le Artriti associate alle malattie infiammatorie croniche intestinali.
A questa storica e fondamentale classificazione, alcuni esperti che fanno parte della società scientifica internazionale che si occupa di SpA (ASAS) ne hanno proposto un’altra che suddivide le SpA in assiali (impegno prevalente della colonna e delle articolazioni sacro-iliache) e periferiche (impegno prevalente delle articolazioni periferiche). Le SpA assiali (axSpA) possono essere ulteriormente suddivise in axSpA non radiografiche (nr-axSpA) e axSpA radiografiche. Lo scopo di questa ulteriore classificazione è quello di permettere una diagnosi precoce, ancora prima che siano apparsi i segni radiografici, che alcune volte impiegano 7-8 anni per esprimersi. Poiché disponiamo attualmente di farmaci molto efficaci per arrestare la malattia, la diagnosi precoce è fondamentale.
Si tratta delle artriti in cui la predisposizione genetica è più evidente, tanto che l’esame che la evidenzia (HLA-B27) viene spesso utilizzato ai fini diagnostici. Peraltro, la spondilite anchilosante, che fa parte del gruppo delle SpA, è la malattia articolare in cui la predisposizione genetica è stata individuata per prima. In effetti, dopo la scoperta dell’HLA (Human Leukocyte Antigen), che serve a tipizzare gli antigeni sui globuli bianchi, messa a punto soprattutto per studiare le reazioni ai trapianti, alcuni studiosi avevano osservato che la maggior parte (fino al 90%) dei pazienti con spondilite anchilosante era portatore dell’antigene HLA-B27. Va comunque precisato che questo antigene è molto frequente, essendo ritrovato in Italia in circa il 6% della popolazione, mentre i pazienti affetti sono meno dello 0,5%. Ciò vuol dire che solo una minoranza di soggetti con HLA-B27 si ammalerà. Questo tipo di esame ha valore solo nei soggetti che hanno sintomi e segni compatibili con SpA e serve a precisarne precocemente la natura.
Quindi, come per molte altre malattie reumatiche, la causa è anche in questo caso legata alla combinazione fra predisposizione genetica (HLA) e cause scatenanti.
Anche se non tutti i meccanismi che portano alla malattia e che ne condizionano l’evoluzione sono definitivamente chiariti, in molti casi la causa scatenante è identificabile e quasi sempre si tratta di fattori ambientali, soprattutto germi intestinali (salmonella, shigella, yersinia, ecc) o urogenitali (chlamydie, micoplasmi, ecc), ma anche traumi, sia fisici che psichici (stress).
Come in altre artriti, la caratteristica clinica comune è il dolore articolare che in queste malattie può manifestarsi a livello della colonna vertebrale, in particolare a livello lombare (lombalgia).
Questo è causato da un’infiammazione a carico delle articolazioni sacroiliache e di alcune strutture della colonna vertebrale (rachide). Ha un esordio insidioso, è presente a riposo o di notte, è associato a rigidità mattutina e migliora con l’esercizio fisico. Tali caratteristiche, insieme alla durata del dolore, di tipo cronico, e alla comparsa nei soggetti con età inferiore ai 40 anni, si configurano come lombalgia infiammatoria e aiutano nella diagnosi differenziale a distinguerle dal dolore acuto delle lombalgie o lombosciatalgie meccaniche, molto più comuni nella popolazione.
Le SpA si caratterizzano anche per la presenza di un’artrite asimmetrica (quella dell’artrite reumatoide è simmetrica) che può colpire le grandi articolazioni (spalle, gomiti, anche, ginocchia e caviglie) o le piccole articolazioni delle mani e dei piedi. Il sintomo principale è il dolore, associato ai segni dell’infiammazione quali il calore, il rossore, la tumefazione e l’impotenza funzionale. Infine altra caratteristica clinica delle SpA è l’entesite, ovvero l’infiammazione delle inserzioni di tendini, legamenti, fasce e capsule articolari sull’osso, e la dattilite, ovvero un’infiammazione uniforme di un o più dita delle mani e piedi con un aspetto a salsicciotto.
Come già accennato, le SpA possono essere associate ad alcune manifestazioni extra-articolari, che possono colpire l’occhio (con uveite e congiuntivite), l’intestino (con infiammazione intestinale), la cute (con psoriasi) e, meno frequentemente, il cuore.
Nelle SpA la diagnosi è soprattutto clinica e radiologica, mentre gli esami del sangue, se si esclude la tipizzazione HLA, servono più per l’inquadramento che per la diagnosi.
La diagnosi si basa innanzitutto sul riscontro della presenza dei principali segni e sintomi, tra i quali la lombalgia “infiammatoria” cronica, la rigidità progressiva della colonna, l’artrite periferica, l’entesite, la dattilite e le manifestazioni extra-articolari, ed è corroborata da indagini di laboratorio e radiologiche. In particolare, nella maggior parte dei pazienti affetti da SpA, i parametri infiammatori VES e Proteina C reattiva sono spesso elevati nelle fasi di attività di malattia.
Indagini strumentali
Dal punto di vista radiologico, la risonanza magnetica è uno strumento molto utile nell’individuare la presenza di infiammazione a livello delle strutture sede del processo patologico (articolazioni sacro-iliache, entesi, osso subcondrale) e l’ecografia serve per confermare la presenza di versamento ed infiammazione articolare.
Nonostante l’assenza di criteri diagnostici codificati, negli anni sono stati proposti diversi criteri classificativi, utili all’identificazione di gruppi di pazienti con caratteristiche comuni omogenee, che da un lato aiutano la diagnosi e dall’altro sono molto utili per la ricerca e lo studio di queste malattie a livello internazionale. La ricerca ha consentito progressi enormi in quest’ambito sia dal punto di vista diagnostico che, soprattutto, terapeutico. Le SpA sono probabilmente le malattie reumatiche che hanno più avuto vantaggi dalle moderne terapie con farmaci innovativi.
La terapia delle SpA si avvale di una combinazione di trattamenti farmacologici e non farmacologici, che variano a seconda del tipo di malattia e della sua aggressività, come vedremo nei capitoli specifici per malattia.
Terapia farmacologica
I farmaci di prima linea sono gli anti-infiammatori non steroidei (FANS). Se questi sono inefficaci, si possono associare per qualche tempo i cortisonici nelle forme di artrite periferica (per via generale e/o infiltrativa) e nelle entesiti localizzate (per via infiltrativa). Per le artriti periferiche si fa ricorso ai DMARDs, in prima linea la sulfasalazina e, in pazienti con forme lievi e infiammazione limitata, l’idrossiclorochina; nei pazienti che non rispondono o nei casi già manifestamente aggressivi, si ricorre al methotrexate. Se questi farmaci sono inefficaci o non tollerati, si fa ricorso ai farmaci biologici o alle cosiddette piccole molecole. Va sottolineato che nella maggior parte dei casi i farmaci biologici sono aggiuntivi ai DMARDs e non sostitutivi.
Terapia non farmacologica
Nelle SpA è molto importante la riabilitazione, che include l’educazione del paziente, l’esercizio fisico programmato e guidato, almeno inizialmente, e la terapia occupazionale. Ormai sono numerosi gli studi che dimostrano che l’attività fisica riabilitativa consente, oltre ad una migliore qualità di vita, un risparmio di farmaco.
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