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Il virus dell’epatite C (HCV) è stato identificato nel 1989 quale causa di ció che fino ad allora era definita epatite da virus nonA-nonB, ossia una forma di epatite non dovuta nè al virus dell’epatite A (HAV) nè al virus dell’epatite B (HBV).
E’ un’infezione molto frequente, anche se spesso misconosciuta perché asintomatica. Si ritiene che in Italia ne sia affetto circa 1 milione di persone. Tuttavia tale frequenza è in rapida riduzione, in parte dovuta alle maggiori attenzioni igieniche da parte dei giovani, in parte grazie alle nuove terapie che portano all’eliminazione completa del virus dall’organismo.
Una volta penetrato nell’organismo, il virus infetta non solo gli epatociti, ossia le cellule del fegato, causando una epatite (infiammazione del fegato), ma anche le cellule del sistema immunitario (linfociti), causandone un’attivazione da cui dipendono le manifestazioni di tipo extra-epatico.
Spesso l’infezione decorre asintomatica per molti anni (fino al 70% di chi é infetto non sa di esserlo) e raramente da segno di sè in forma acuta. Si tratta pertanto di un’infezione sostanzialmente cronica che, nel tempo (10-20 anni), determina una epatite cronica che spesso conduce alla cirrosi epatica e, come ultima complicanza, al tumore del fegato.
L’infezione è contratta per via parenterale ossia per inoculazione di sangue infetto. Fino a qualche decennio fa la principale causa dell’infezione era rappresentata dalle trasfusioni con sangue infetto, mentre più recentemente è da attribuire prevalentemente all’abuso di sostanze stupefacenti per via endovenosa. In circa il 20% dei soggetti non si riesce ad indentificare la causa precisa, che può essere ricercata in scambio di sangue anche minimo, come pungersi con un ago già venuto a contatto con paziente HCV positivo, cure odontoiatriche eseguite con scarso igiene, utilizzo di oggetti per la cura personale quali spazzolini da denti od oggetti per manicure-pedicure, tatuaggi e piercing eseguiti con cattive condizioni igieniche. Per ciò che concerne la trasmissione sessuale, il germe può essere trasmesso per via sessuale se è presente scambio di sangue; va precisato che non sono infettanti né lo sperma, né la saliva, né le secrezioni vaginali.
Manifestazioni reumatologiche
Dall’infezione dei linfociti e dall’attivazione del sistema immunitario dipendono invece le complicanze extra-epatiche dell’infezione da HCV. Tra queste vi sono quelle reumatiche quali artralgie (dolore articolare), artrite (infiammazione articolare), vasculite (infiammazione dei vasi sanguigni di piccolo calibro), sindrome sicca (con secchezza delle mucose orale e oculare) che mima la sindrome di Sjögren, e fenomeno di Raynaud (per cui le dita delle mani o dei piedi, in seguito all’esposizione al freddo, diventano prima bianche, poi violacee quindi rosse). Una delle principali manifestazioni cliniche è la sindrome crioglobulinemica (crioglobulinemia mista essenziale) che è una vasculite dei piccoli vasi strettamente legata alla produzione di crioglobuline. Le crioglobuline sono proteine del sangue prodotte in risposta all’infezione da HCV. Queste proteine tendono a precipitare (ossia a depositarsi), in seguito all’esposizione alle basse temperature (da cui il termine “crio” ossia freddo), sulla superficie dei vasi sanguigni. Tra le manifestazioni cliniche più frequenti ricordiamo la triade di Meltzer-Franklin costituita da porpora (piccolissime lesioni emorragiche che si manifestano sulla cute delle gambe), astenia (stanchezza) e artralgie (dolori articolari). Dal punto di vista bioumorale (ossia delle alterazioni degli esami del sangue), a parte le citate crioglobuline sieriche, l’infezione da HCV determina la positivitá del fattore reumatoide (FR), il consumo di una frazione del complemento (in particolare del C4) e l’aumento delle transaminasi (AST e sopratutto ALT). Il meccanismo per cui il sistema immunitario, attivato dall’infezione cronica da HCV, determina le manifestazioni cliniche, si ritiene sia rappresentato dalla formazione di immunocomplessi (strutture proteiche formate dall’unione di anticorpi con antigeni virali) che depositandosi sulla superficie dei piccoli vasi sanguigni, tramite anche l’attivazione del complemento, scatenerebbe una infiammazione con conseguente danno a carico di varie strutture dell’organismo (membrana sinoviale che riveste le articolazioni, vasi sanguigni che si trovano nella cute, nei nervi, nei reni). Mentre le artralgie sono comuni, l’artrite è meno frequente e generalmente non è causa del danno strutturale erosivo tipico dell’artrite reumatoide. La porpora, che come ricordato si manifesta principalmente agli arti inferiori fino alle natiche, è la più lieve delle manifestazioni di vasculite. Quando la vasculite si manifesta un forma più severa può causare ulcere cutanee, sempre prevalentemente agli arti inferiori, oppure una neuropatia periferica sensitivo-motoria o una glomerulonefrite, generalmente di tipo membrano-proliferativo.
La diagnosi dell’infezione da HCV si fa ricercando nel sangue del paziente gli anticorpi anti-HCV. La conferma dell’infezione e la determinazione dell’attivitá replicativa virale dipendono invece dalla identificazione e quantificazione dell’HCV-RNA. È possibile infine definire il genotipo virale (ne esistono 6), aspetto un tempo importante per la resistenza ai trattamenti. L’avvento degli antivirali di ultima generazione ha permesso di superare il problema della resistenza terapeutica, essendo gli ultimi antivirali efficaci su tutti i genotipi.
La terapia dipendeva un tempo dal tipo e dalla gravità delle manifestazioni cliniche. Vi erano forme asintomatiche che non richiedevano alcun trattamento, altre che comportavano l’utilizzo di FANS (antinfiammatori non steroidei) o basse dosi di cortisonici, altre infine più severe che necessitavano dell’uso di immunosoppressori-chemioterapici (es ciclofosfamide) o farmaci biotecnologici (ad es. il rituximab) o della plasmaferesi. Si trattava comunque di terapie sostanzialmente sintomatiche, in grado di trattare momentaneamente le manifestazioni cliniche senza curare la malattia alla radice, agendo sulla causa. Un importante passo avanti è stato fatto in tal senso con i farmaci ad azione antivirale, dapprima l’interferone alfa associato alla ribavirina, con cui si otteneva una risposta antireplicativa virale all’incirca del 40 % nel genotipo 1 e dell’80 % nel genotipo 2, peraltro con possibili effetti collaterali non indifferenti (nel 10-20 % dei casi), quindi con i DAAs, farmaci anti-virali ad azione diretta (primo dei quali il sofosbuvir), con cui il tasso di risposta antireplicativa é salito ad oltre il 90 % in tutte le tipologie di pazienti. Sono trattamenti che, in considerazione delle severe complicanze che nel tempo comporta l’infezione cronica da HCV, sono ormai riservati a buona parte delle persone infette da HCV con risultati straordinari in termini di eradicazione dell’infezione.
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