Abbiamo pensato di affrontare questo argomento “ a puntate” iniziando con una breve introduzione che sfiora i temi principali per poi passare a degli approfondimenti su clinica e farmaci. Se di volta in volta insorgeranno delle domande più puntuali o su versanti che non abbiamo affrontato, fatecele pervenire e cercheremo di rispondervi.
L’argomento che andiamo ad affrontare è importante per molte pazienti e anche per molti pazienti e va affrontato innanzitutto con il Reumatologo curante anche quando la gravidanza è una situazione futuribile perchè
IL DESIDERIO DI GRAVIDANZA PUÒ INFLUENZARE LE SCELTE TERAPEUTICHE E VICEVERSA
L’argomento va quindi affrontato già quando viene posta una diagnosi certa o molto probabile e quando viene proposta una terapia o un cambio di terapia.
Spesso queste domande vengono poste al Medico di base o al Ginecologo curante. Rispetto alla possibilità di avere una gravidanza si può ricevere una risposta negativa, spesso sulla scorta di un retaggio antiquato e di conoscenze ormai anacronistiche. A volte invece si riceve una risposta positiva, ma gli Specialisti che la porgono sottovalutano la situazione per scarsità di conoscenza della materia. Questo si ripercuote sulla “ gestione” della gravidanza che può risultare gravata da preoccupazioni eccessive oppure essere gestita in modo inadeguato rispetto ai rischi reali. Ugualmente è facile che si facciano degli errori di prospettiva rispetto alle terapie in atto: in particolare accade ancora di frequente che venga consigliata la sospensione dei farmaci in corso con il rischio che la malattia si riattivi.
Da quando detto deriva la necessità di un’adeguata collaborazione fra Reumatologo e Ginecologo che dovrebbero essere concordi nelle strategie da seguire già prima della gravidanza e naturalmente durante la stessa, soprattutto quando la malattia è più impegnativa o comporta il ricorso a terapie anche relativamente nuove e sconosciute o poco conosciute da chi non è “addetto” ai lavori.
In alcuni casi è necessario il ricorso ad un centro di terzo livello.
E’ quindi evidente come sia fondamentale la collaborazione fra diversi specialisti già in fase pregravidica: sarebbe molto utile un counselling preconcezionale congiunto che permetta di considerare tutti i fattori importanti per la gravidanza e non solo quelli che ciascun specialista individua per la propria materia. Questo affronto permette delle conclusioni, anche terapeutiche, univoche e non disorientanti come può accadere ora che la donna riceve informazioni a volte contrastanti.
Diverso invece è quanto accade nel puerperio quando è più facile una ripresa di malattia favorita dai cambiamenti del sistema immunitario in questo periodo. La guardia quindi non va abbassata, anzi! Per fortuna le possibilità terapeutiche che abbiamo a disposizione ci permettono di guardare anche questa fase con una certa serenità.
Le modalità del parto (vaginale o cesareo) vengono decise in primis dal Ginecologo che collabora con il Reumatologo.
1)se la malattia è attiva
2)se la madre ha positività per anticorpi antiSSA/SSB (rischio di blocco atrio-ventricolare e/o LES neonatale)
3)se la madre ha una sindrome da anticorpi antifosfolipidi
3)se la madre assume farmaci controindicati per il concepimento e la gravidanza. A questo proposito deve essere chiaro che, se da un lato è vero che non devono essere usati farmaci controindicati , dall’altro è spesso necessario usare i farmaci consentiti per controllare l’attività di malattia altrimenti si possono avere conseguenze negative nel feto oltre che nella mamma.
Oltre allo stato di attività della malattia, sono inoltre da considerare le condizioni della paziente. La patologia può essere quiescente o poco attiva, ma le condizioni della donna possono essere tali che l’allattamento può risultare troppo stancante e quindi alla fine controproducente anche per il bambino.
Nessun problema per le vaccinazioni. Solo in alcuni pochi casi la terapia della madre durante la gravidanza richiede un piccolo ritardo nel calendario vaccinale.
Il bimbo non eredita la malattia; quello che può ereditare è la predisposizione a sviluppare una malattia autoimmune. Da sola questa non basta per la comparsa della malattia: perché la patologia si sviluppi devono intervenire altri fattori che peraltro non conosciamo, tranne poche eccezioni.
Le malattie reumatiche autoimmuni richiedo l’utilizzo di numerosi farmaci, la conoscenza della loro utilità e sicurezza in corso di gravidanza è aumentata rispetto al passato, anche se nel foglietto informativo è raro che un farmaco sia considerato sicuro in gravidanza, non essendo possibile effettuare studi clinici su donne incinte, questo comporta che nessuna azienda farmaceutica ha dati per assicurare la sicurezza del farmaco durante la gravidanza. Sono importanti quindi i lavori scientifici pubblicati su riviste di comprovata validità scientifica e l’esperienza, di esperti e di società scientifiche, maturata nel corso degli anni nel trattamento di malattie reumatiche croniche in gravidanza e in allattamento, che ha permesso di definire l’utilità e la sicurezza di numerosi farmaci, partendo dal principio del rapporto “rischio/beneficio” considerando che mantenere la malattia sotto controllo è importante perché la malattia non trattata comporta maggiori rischi sia per la madre che per il feto.
Si distinguono due tipo di glucocorticoidi (GC):
L’uso di glucocorticoidi in gravidanza aumenta il rischio di diabete gestazionale e ipertensione arteriosa e rottura prematura delle membrane e la nascita di bambini piccoli per età gestazionale. Il loro uso è ritenuto compatibile con l’allattamento
Possono inibire l’ovulazione/impianto e possono essere associati ad aborto spontaneo, va limitato l’uso nel 1° trimestre. Possono portare a chiusura prematura del dotto arterioso vanno interrotti prima della 30^ SG. Molti ginecologi sconsigliano l’uso per tutta la gravidanza.
Idrossiclorochina-HCQ (Plaquenil) e Clorochina: L’idrossiclorochina (HCQ) è un agente antimalarico efficace nel trattamento di diverse malattie reumatiche. Attraversa la placenta, tuttavia, non sembra esserci tossicità fetale con le dosi di HCQ utilizzate per il trattamento del lupus eritematoso sistemico (LES) o di altre malattie reumatiche.
È consigliato continuare l’uso di questi farmaci in donne in gravidanza che lo assumevano per la loro patologia es. LES e altre connettiviti, perché la sospensione di questi farmaci può incrementare le riacutizzazioni della malattia di base. Inoltre la terapia con HCQ nel LES migliora l’esito della gravidanza in particolare riduce i parti pretermine e il ritardo di crescita intrauterino (IUGR).
Si esclude che sia responsabile di difetti congeniti, aborti spontanei, tossicità retinica o uditiva in figli di madri che hanno assunto questi farmaci in gravidanza.
HCQ può ridurre la probabilità di sviluppo del Blocco Cardiaco Congenito Fetale, specialmente in madri che hanno già avuto un bambino con il blocco cardiaco.
HCQ è considerato compatibile con l’allattamento al seno.
Sulfasalazina (Salazopirina) è una terapia considerata sicura per il suo uso in gravidanza. È consigliata la somministrazione concomitante 0,4 mg di acido folico e la dose di SSZ non deve superare i 2 g al giorno. La SSZ è utilizzata per il trattamento della malattia infiammatoria intestinale (IBD) e nell’artrite reumatoide (RA)
La SSZ è considerata compatibile con l’allattamento al seno in neonati sani e nati a termine. Tuttavia, le donne che assumono SSZ devono evitare l’allattamento al seno di neonati prematuri o quelli con iperbilirubinemia o carenza di glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PD).
Azatioprina è stata usata per oltre 50 anni nel trapianto d’organo, e nel LES è usata per risparmiare l’uso di cortisone e come terapia di mantenimento.
Nel calcolo di rischio/beneficio dell’uso di AZA in gravidanza, il beneficio del trattamento con AZA è maggiore del potenziale rischio e perciò questo farmaco non dovrebbe essere interrotto durante la gravidanza.
Ciclosporina A la maggior parte delle conoscenze dell’uso di questo farmaco in gravidanza deriva dalle conoscenze nel campo dei trapianti, in cui non è apparso incrementare il rischio di malformazioni fetali o esiti negativi della gravidanza. Può essere continuato durante la gravidanza alla più bassa dose efficace.
Tacrolimus questo farmaco è stato utilizzato con successo sia nel mantenere stabile la nefrite nel LES che nel controllare le riaccensioni di nefrite lupica in gravidanza. È considerato sicuro in gravidanza e dovrebbe essere utilizzato alla più bassa dose considerata efficace è importante misurare la concentrazione ematica del farmaco per evitare la tossicità. Questi farmaci possono essere utilizzati in corso di allattamento per il limitato passaggio nel latte materno.
Possono essere utilizzati nelle donne che necessitino di questi farmaci per il mantenimento o il controllo della malattia infiammatoria attiva durante la gravidanza.
Certolizumab è compatibile con la gravidanza e l’allattamento.
Infliximab, Etanercept, Adalimumab, Golimumab possono essere continuati nel 1° e 2° trimestre di gravidanza e sospesi nel terzo.
Gli anti-TNF alfa sono compatibili con l’allattamento. I bambini esposti agli inibitori del TNF alfa in utero dovrebbero evitare i vaccini vivi nei primi sei mesi di vita.
L’aspirina a basso dosaggio (Cardioaspirina o Aspirinetta 100 mg): può essere utilizzata nella prevenzione delle complicanze ostetriche materno fetali della sindrome da anticorpi anti fosfolipidi e per la prevenzione della preeclampsia, al dosaggio di 100 mg al giorno non comporta rischi di sanguinamento né di chiusura prematura del Dotto di Botallo, è compatibile con l’allattamento.
Eparina a Basso Peso Molecolare è utilizzabile in singola dose giornaliera (dose profilattica) o a doppio dosaggio giornaliero (dose terapeutica) da sola o in associazione alla Cardioaspirina nella sindrome da anticorpi anti fosfolipidi per la prevenzione delle complicanze ostetriche materno fetali di questa malattia. È compatibile con l’allattamento.
Immunoglobuline endovena (Igev) sono sicure ed utilizzabili in gravidanza.
Leflunomide (LEF) va sospeso fino a due anni prima della gravidanza oppure se il farmaco è presente in concertazioni rilevabile nel sangue materno va eliminato con un washout con la colestiramina, i livelli di concentrazione del farmaco devono essere non rilevabili prima di tentare la gravidanza. LEF è controindicato durante l’allattamento.
Methotrexate Va sospeso tre mesi prima del concepimento e non può essere utilizzato nell’allattamento.
Micofenolato Mofetile Va sospeso più di sei mesi prima del concepimento e non può essere utilizzato nell’allattamento.
Ciclofosfamide Va sospesa tre mesi prima del concepimento, in casi eccezionali di rischio della vita può essere utilizzato nel 2° e 3° trimestre della gravidanza. È controindicato nell’allattamento.
Talidomide Va sospesa 1-2 mesi prima del concepimento, non può essere utilizzabile in allattamento.
Tofacitinb, Baricitinib, Apremilast: non vi sono dati disponibili, le molecole sono di piccola taglia e probabilmente attraversano la placenta. Si trovano nel latte materno
PRE CONCEZIONALE | DURANTE LA GRAVIDANZA | ALLATTAMENTO | |
Trattamenti convenzionali | |||
Idrossiclorochina | SI | SI | SI |
Sulfasalazina | SI | SI | SI |
Colchicina | SI | SI | SI |
Azatioprina | SI | SI | SI basso passaggio |
Prednisone | SI: ridurre a < 20 mg/die | SI ridurre a < 20 mg/die | SI con dosi > 20 mg/die, ritardare l’allattamento di 4 ore |
Farmaci antiinifammatori | interrompere se la donna ha difficoltà concezionali | SI: continuare nel 1° e 2° trimestre, sospendere nel 3° trimestre | preferire ibuprofene |
Ciclosporina | SI monitorare la pressione sanguigna | SI monitorare la pressione arteriosa | SI basso passaggio |
Tacrolimus | |||
Anti TNF sono considerati compatibili con la gravidanza | |||
certolizumab | SI | SI | SI |
Infliximab | continuare in fase di concepimento | continuare nel 1° e 2° trimestre, sospendere nel terzo trimestre | SI |
Etanercept | |||
Adalimumab | |||
golimumab | |||
Altri farmaci biologici (vi sono limitati dati sulla sicurezza) | |||
Anakinra | NO Sospendere al concepimento | NO Sospendere durante la gravidanza | NO Non vi sono dati disponibili |
Belimumab | |||
Abatacept | |||
Tocilizumab | |||
Secukinumab | |||
ustekinumab | |||
rituximab | Sospendere al concepimento | SI per condizioni di rischio della vita | SI |
Farmaci non compatibili con la gravidanza | |||
Methotrexate | NO Stop 3 mesi prima del concepimento | NO | NO |
Leflunomide | NO Eseguire washout con colestiramina se concentrazioni rilevabili | NO | NO |
Mycofenolato Mofetile | NO Stop almeno 6 mesi prima | NO | NO |
Ciclofosfamide | NO Stop 3 mesi prima | SI per condizioni di rischio di vita nel 2° e 3° trimestre | NO |
Talidomide | NO Stop 1-3 mesi prima del concepimento | NO | NO |
Tofacitinb Baricitinib Apremilast | non vi sono dati disponibili, le molecole sono di piccola taglia e probabilmente attraversano la placenta. Si trovano nel latte materno |
Le malattie reumatiche possono colpire persone giovani che molto spesso desiderano avere dei figli, ma che hanno molti dubbi e timori nell’affrontare questo percorso; un’appropriata informazione da parte del Reumatologo può aiutare a dissolvere ansie e paure ed a pianificare in modo consapevole la procreazione.
Altre problematiche che lo specialista dovrà affrontare nella pratica clinica ed i quesiti sui quali dovrà rassicurare una paziente che abbia deciso per la maternità si possono sostanzialmente riassumere nei seguenti punti:
Il miglior esito possibile della gravidanza è correlato a diversi fattori.
E’ fondamentale anzitutto che il concepimento avvenga in una fase di remissione stabile di malattia da almeno sei mesi, che la donna sia seguita da un’equipe multidisciplinare e si sottoponga ad uno stretto monitoraggio clinico e laboratoristico, in modo da cogliere tempestivamente eventuali segni di riattivazione della patologia e di implementare le scelte terapeutiche necessarie a mantenere lo stato di remissione o di minima attività di malattia.
Il benessere del bimbo è infatti subordinato allo stato di salute della mamma.
Nel 48-75% dei casi, la malattia migliora, generalmente dal primo trimestre fino al termine della gravidanza.
Successivamente, in circa il 90% delle donne, si ha una esacerbazione della patologia sino a 3-4 mesi dopo il parto che può comportare difficoltà nella gestione quotidiana del neonato e nell’allattamento, molto spesso peraltro risolvibili con un’adeguata terapia da concordare con il Reumatologo.
Non vi sono sostanziali di rischi gravidici legati alla malattia.
Da segnalare che l’artrite reumatoide può esordire durante il puerperio, specie nelle primipare.
Le donne affette da questo gruppo di malattie possono presentare una riacutizzazione durante la gravidanza ed il puerperio rispettivamente nel 30% e 45% dei casi, percentuale che aumenta sino al 50% nel caso della Spondilite Anchilosante. Secondo i dati della letteratura, la psoriasi, malattia cutanea e/o ungueale che spesso accompagna queste artriti, migliora nel 40-60% delle gestanti, specie tra la 10^ e 30^ settimana, si aggrava nel 10-20% e rimane stabile nelle rimanenti.
Nel periodo postpartum, l’estensione della psoriasi peggiora nella maggior parte delle donne
Il rischio di complicanze materno fetali correlato alle Spondiloartriti è sostanzialmente assente, da segnalare però che i bimbi che hanno una familiarità per psoriasi crescendo, possono sviluppare questa patologia.
La gravidanza aumenta il rischio di riacutizzazione della malattia, che si verifica in circa il 50% dei casi, il peggioramento può manifestarsi non solo durante la gestazione ma anche nel puerperio, specie se il Lupus eritematoso sistemico (LES) era attivo nei sei mesi prima del concepimento.
Il rischio di riaccensione severa è aumentato nel Lupus con coinvolgimento renale, che può causare una residua decurtazione della funzionalità renale che, seppur raramente (2% dei casi), esita in una persistente insufficienza.
Frequenti le riaccensioni lievi di malattia con alterazioni ematologiche, dermatite e specie nel puerperio, artrite.
Altre complicanze gravidiche materne e fetali che possono manifestarsi nelle pazienti affette da LES sono ipertensione arteriosa, gestosi, tromboembolismo, in particolare in presenza nel sangue materno degli anticorpi antifosfolipidi, abortività, morte endouterina, ritardo di crescita intrauterino, parto prematuro e basso peso del bimbo alla nascita.
L’uso preventivo del cortisone o l’incremento di dose del trattamento in atto non prevengono la riacutizzazione del LES, la cui incidenza, dai dati di letteratura, sembra essere meno frequente nelle donne che continuano la terapia con idrossiclorochina, intrapresa prima della gravidanza.
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è caratterizzata dalla presenza nel sangue materno degli anticorpi antifosfolipidi che causano, interferendo con i meccanismi della coagulazione, la trombosi cioè la formazione di un coagulo in qualsiasi distretto dell’albero vascolare, compresa la placenta, provocando un’occlusione con riduzione dell’apporto di sangue nel tessuto e conseguenti ischemia e necrosi.
Attualmente, gli anticorpi antifosfolipidi routinariamente ricercati sono l’anticardiolipina, l’antibeta2glicoproteina ed il lupus anticoagulant, che possono essere presenti anche nelle donne sane o affette da altre malattie reumatiche autoimmuni come il LES o le connettiviti sistemiche.
Le complicanze materno fetali più frequentemente segnalate nelle donne portatrici di anticorpi antifosfolipidi sono trombosi, gestosi, sindrome Hellp, aborto spontaneo, morte fetale in utero, ritardo di crescita del feto, basso peso alla nascita del bimbo e prematurità.
Il rischio di complicanze materne e fetali severe è maggiore nelle donne con pregressa trombosi, concomitante malattia reumatica autoimmune, positività del lupus anticoagulant oppure di più anticorpi antifosfolipidi con titolo elevato.
E’ importante sottolineare che il rischio di trombosi è presente in tutta la gravidanza e si estende anche al puerperio, per cui il trattamento farmacologico per la profilassi delle trombosi, che non preclude l’allattamento, deve essere effettuato anche nel post partum.
I farmaci utilizzati in queste donne sono aspirina a basso dosaggio e/o eparina a basso peso molecolare che hanno rispettivamente un effetto antiaggregante sulle piastrine ed anticoagulante, la scelta della terapia deve essere individualizzata e definita in base all’anamnesi, ad eventuali fattori di rischio per trombosi associati ed al profilo anticorpale.
La gravidanza deve essere intrapresa in una fase di stabilità della malattia ed è meglio evitare la procreazione nelle fasi iniziali, poiché non si conoscono l’evoluzione della patologia e l’eventuale interessamento degli organi.
Nella pianificazione della gravidanza, andrà valutata la possibile riduzione della fertilità per rigidità delle tube che rende difficoltoso il passaggio dell’ovulo dall’ovaio all’utero, la funzionalità degli organi, in special modo quella renale che potrebbe peggiorare durante la gestazione e causare ipertensione arteriosa, la terapia ed in particolare la sostituzione dei farmaci ACE inibitori, molto utilizzati in questa patologia e che possono danneggiare l’embrione.
La Sclerodermia, se non è complicata da ipertensione polmonare o da fibrosi polmonare, nel 60% dei casi è stabile durante la gravidanza e talvolta migliora per quanto riguarda le manifestazioni vascolari, in particolare il fenomeno di Raynaud; da segnalare che questa manifestazione può peggiorare durante il travaglio, specie se complicato.
Alta è la percentuale di prematurità e basso peso alla nascita.
I dati della letteratura sono scarsi e talvolta contraddittori, alcune segnalazioni nelle forme Anca associate hanno documentato nel 25% dei casi, una riacutizzazione altre una remissione.
Vi è un incremento delle complicanze gravidiche in particolare abortività e basso peso alla nascita.
Le malattie reumatiche non sono un’indicazione al taglio cesareo, fanno eccezione situazioni particolari in cui gli esiti di malattia a livello articolare possono rendere difficoltoso l’espletamento del parto per via vaginale o situazioni in cui le condizioni materne o fetali suggeriscano di procedere per via chirurgica.
L’anestesia epidurale può essere effettuata anche nelle pazienti in trattamento con farmaci antitrombotici quali l’aspirina a basso dosaggio e/o l’eparina, concordando con il Ginecologo e l’Anestesista la tempistica della loro sospensione.
La malattia reumatica andrà successivamente monitorata con i consueti periodici controlli reumatologici.
Utile è anche il confronto con altre donne affette da patologie reumatiche per la condivisione delle problematiche da affrontare e la ricerca di possibili soluzioni.
Talvolta è necessario anche un supporto psicologico per dissolvere le ansie e rendere la mamma serena.
Le malattie reumatiche, se precocemente diagnosticate e adeguatamente trattate, non impattano in modo negativo l’aspettativa di vita rispetto alla popolazione generale.
Gli anticorpi anti-SSA/Ro e o SSB/La possono essere presenti nelle donne affette da LES, Sindrome di Sjogren, Sclerodermia, Connettiviti ed Artrite Reumatoide, ma anche in persone in cui non sia stata diagnosticata alcuna malattia, e possono causare nel feto/bimbo delle pazienti affette o delle donne sane il Blocco cardiaco congenito e/o il Lupus eritematoso neonatale.
Il rischio di queste complicanze secondo alcuni autori, aumenta in modo direttamente proporzionale al livello anticorpale.
Il Blocco cardiaco congenito e il Lupus eritematoso neonatale sono malattie rare, autoimmuni passive, dovute al passaggio transplacentare degli anticorpi anti-SSA/Ro e/o -SSB/La materni.
Il Blocco cardiaco congenito è una complicanza cardiaca che colpisce circa 1-2% dei feti che hanno le madri portatrici di anticorpi anti-SSA/Ro e/o -SSB/la e che si manifesta tra la 16^ e 26 ^ settimana di gestazione con alterazioni del ritmo cardiaco causate da un blocco di conduzione atrio ventricolare dovuto a fenomeni infiammatori, favoriti dagli anticorpi anti-SSA/Ro e/o -SSB/La.
Il Blocco cardiaco congenito può essere incompleto (I°, II°) o completo (III°), nei casi più gravi si associa ad alta mortalità fetale e neonatale (15 -45 %) e ad elevata morbilità infantile, oltre il 60% necessita di impianto di pace-maker alla nascita.
Recenti linee guida raccomandano nelle donne portatrici di anticorpi anti-SSA/Ro e o -SSB/La per la diagnosi precoce, il monitoraggio ecocardiografico fetale nella finestra compresa tra la 16^-26^ settimana di gestazione, specificando la cadenza settimanale nel caso in cui la donna abbia un figlio con il Lupus eritematoso neonatale o un Blocco cardiaco congenito, poiché in questo caso la ricorrenza varia dal 13 al 18% dei casi.
Il trattamento, anche se non sempre efficace per evitare la progressione del blocco cardiaco e le complicanze ad esso correlate, consiste nel somministrare alla mamma desametasone, un particolare tipo di cortisone in grado di attraversare la placenta, in letteratura vi sono alcune evidenze che l’idrossiclorochina, assunta prima e durante la gravidanza, riduca il rischio di sviluppo della malattia, specialmente nei feti delle madri che hanno già avuto un bambino con il Blocco Cardiaco Congenito o Lupus eritematoso neonatale.
In alcuni centri viene utilizzata l’aferesi terapeutica, tecnica sicura per la mamma ed il bimbo che permette di rimuovere gli anticorpi anti-SSA/Ro e SSB/La dal sangue materno, lo stesso scopo può essere perseguito somministrando immunoglobuline endovena alla mamma e al bimbo.
Il lupus eritematoso neonatale è una manifestazione benigna, caratterizzata da lesioni cutanee simili a quelle del Lupus dell’adulto, aumento delle transaminasi e/o riduzione della conta dei globuli bianchi e/o dei globuli rossi e/o delle piastrine.
La malattia esordisce nei primi mesi di vita del bimbo e si risolve in 6-9 mesi, tempo necessario per eliminare gli anticorpi materni.
Il metodo contraccettivo più adeguato per ciascuna paziente deve essere individuato in base alla tipologia e all’attività di malattia reumatica, ai fattori di rischio individuali (fumo, obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito, etc.), al profilo di positività per anticorpi antifosfolipidi, (Lupus Anticoagulant, anti-cardiolipina IgG/IgM, anti-beta2glicoproteina I IgG/IgM), controindicazioni su base ginecologica e preferenza della paziente.
Le donne affette da artriti croniche possono utilizzare estroprogestinici che in alcuni casi sono stati segnalati protettivi nei confronti della malattia di base.
Le donne con connettiviti sistemiche possono fruire di estroprogestinici se la malattia è stabilmente in remissione o inattiva o in assenza di anticorpi antifosfolipidi.
L’uso del dispositivo intrauterino “spirale” è possibile in tutte le donne affette da malattie reumatiche.
La nulliparità e la terapia immunosoppressiva cronica non rappresentano una controindicazione assoluta se viene osservato un regolare follow-up ginecologico.
La contraccezione di emergenza è a base di progestinico e può essere adottata in qualsiasi donna con malattia reumatica.