Benché ancora ci mancano dati precisi, la malattia di Venier doveva affliggerlo già prima dell’inizio della guerra di Cipro (1570-1573). Tuttavia, alcuni incidenti accaduti in questo conflitto produssero l’accentuazione dei disturbi. Fu ad agosto del 1570 quando, da Candia (la capitale del regno omonimo, oggi Iraklion, Creta), Sebastiano Venier, allora procuratore de ultra e provveditore generale di Cipro, scriveva al Senato veneziano informando che «[…] già alcuni giorni me schincai una gamba in galea urtando in un ferro, et nell’impresa di Nixia essendomi sta bisogno caminar cinque miglia et poi descender dalla fortezza a[lla] marina ch h’è quasi un miglio […] ho affaticato troppo detta gamba et si è sdegnata in modo che si convertite in apostema gangrenosa mista con ressipilla, male importantissimo et molto pericoloso si come dicono li medici» (17). Nonostante i tempi stretti e malgrado l’Impero Ottomano avesse iniziato l’assedio alla città di Famagosta, la gravità della ferita di Venier era tale che alcune navi furono obbligate a separarsi dal resto della flotta per condurre il militare in città per ricevere le cure necessarie. Particolare, quest’ultimo, in cui si può cogliere come le circostanze legate alla salute non solo condizionano la vita dei personaggi affetti ma, in questo caso, gli spostamenti di un’intera armata all’interno di una campagna militare. Purtroppo, Venier non fece in tempo a curarsi e pochi giorni dopo scriveva dalla Suda che «[…]ancor ché non sia guarito del mal della gamba […] montai in galea et veni in armata con sua Eccellenza per andar al carrico mio in Cipro […]» (18). Le circostanze militari e quelle legati alla salute del futuro doge, successivamente, peggiorarono di pari passo. Alla resa di Famagosta e la conseguente perdita di Cipro si aggiunse l’intensificazione dei sintomi del capitano generale da Mar (dal 20 dicembre 1570) il quale, nella giornata di Lepanto (7 ottobre 1571), in mezzo a una grave crisi, fu obbligato ad indossare un paio di pantofole. L’ipotesi più comune è che si trattasse di un attacco di gotta, ma non si può escludere che Venier fosse affetto di una SpA caratterizzata da un’artrite asimmetrica dei piedi, già malconci in precedenza. Il dolore e l’incapacità ad indossare le scarpe dell’armatura, potrebbero far pensare ad una dattilite.
I documenti datati dopo la battaglia navale ci indicano che successivamente l’affezione si accentuò. Così, nel novembre 1571, Venier scriveva da Corfù che era di nuovo ammalato e che non poteva servire alla Serenissima come si doveva, ragione per la quale chiedeva licenza per rientrare in patria. A certificare la grave situazione del capitano fu il provveditore generale Jacopo Soranzo che, agli inizi di dicembre, comunicava al governo marciano che «[…] il capitano general agravato dalla febre et dalla piaga della gamba […] non puo attendere alli negotij» (19). Pochi giorni dopo, il 9 dicembre, Sebastiano Venier firmava una lettera in cui informava che «[…]il male era augumentato assai et mi ha astretto intermetter del tutto li negocii et lassarne general carico al clarissimo provveditor general Soranzo» (20). L’11 giugno 1577 a 81 anni fu designato per portare il corno dogale ma, ormai affetto anche da sciatica, un altro disturbo compatibili con una SpA, la sua salute solo gli permise di restare in carica per soli otto mesi. Per ultimo, ricordiamo che nella casata Venier, Sebastiano probabilmente non fu l’unico affetto di una malattia reumatologica. Benché non fu doge, ci sono testimonianze che il letterato Domenico Venier (1517-1582) appena trentenne fu colpito da gotta, malattia che lo costrinse a rifiutare durante un periodo della sua vita tutti gli incarichi ufficiali (21). Pier Antonio Serassi nella biografia che gli dedicò descrive che era tanto «indebolito ne’ piedi, che non gli era permesso che di caminar […] ma neppure di reggervisi sopra per molto spazio […] Indi a non molto, avendo perduto oramai tutto il vigore delle gambe e de’ piedi; ed essendosi alla debolezza de’ nervi aggiunti atrocismi dolori, che gli davano di quando in quando delle strette mortali, dovette vedersi infelicemente confinato in una camera, e quel che è peggio, quasi sempre in letto» (22).
- (16) Gullino G. Venier, Sebastiano. Dizionario Biografico degli Italiani. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2020; 98, ad vocem.
- (17) Archivio di Stato di Venezia (ASVe), Senato, Provveditori da Terra, da Mar ed altre cariche (P.T.M.), b. 501, f. 729, dispaccio del 28 agosto 1570.
- (18) ASVe, Senato, P.T.M., b. 501, f. 729, dispaccio del 3 settembre 1570.
- (19) Molmenti P. Sebastiano Veniero dopo la battaglia di Lepanto. Nuovo Archivio Veneto 1915; 30: 16, in particolare, nota 1.
- (20) Molmenti P. Sebastiano Veniero dopo la battaglia di Lepanto. Nuovo Archivio Veneto 1915; 30: 72 e doc. XXXIII.
- (21) Comiati G. Venier, Domenico. Dizionario Biografico degli Italiani. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2020; 98, ad vocem.
- (22) Molmenti P. Sebastiano Veniero e la battaglia di Lepanto: studio. Firenze: Barbera, 1899: 7-8.